I poetici “Privati abissi” di Gianfranco Calligarich

09 Giugno, 2011 - L'ultimo romanzo di Gianfranco Calligarich, Privati abissi, Fazi Editore, è la storia d'un matrimonio mai decollato segnato dal peso d'un immane segreto troppo tardi rivelato.

L'io narrante trasporta il lettore nella Roma di fine anni Sessanta. Tra i tavolini dei bar di piazza Navona spicca il Tempo Ritrovato, locale fulcro degli avvenimenti narrati. Qui s'incontrano e conoscono due giovani benestanti. La loro attrazione trova appassionanti fughe nei vicoli della città per poi sfociare in un matrimonio colmo d'aspettative, ma che si rivelerà una lenta deriva verso la solitudine. Un giocatore d'azzardo è lo spettatore/narratore dei loro incontri e scontri. Dopo trent'anni dalla vicenda, l'attento giocatore si perderà nei ricordi del passato, mostrando la volontà di recuperare una «storia di muscoli cardiaci in azione».
L'alternanza tra vuoti e passioni, scanditi dai battiti dei cuori descritti, è il vero fulcro del romanzo. Calligarich s'inoltra nei tortuosi anfratti dei sentimenti umani ripresentandoli con una scrittura descrittiva e poetica, che predilige la perifrasi e l'ipotassi per rappresentare la loro fuggevolezza.
Tuttavia l'autore porta alle estreme conseguenze l'utilizzo di questo stile. I periodi del romanzo sono lunghi e contorti, colmi d'incisi e lunghe digressioni vagheggianti. Lo scrittore sembra privilegiare le perifrasi ai termini propri delle cose. Numerose sono le frasi nominali e non mancano lunghe ricapitolazioni ridondanti. Una particolarità del testo, che denota una propensione più poetica che prosastica, è l'utilizzo d'espressioni figurate per indicare cose o persone: Dio è il «Grande Padre», il sole è il «Grande Gong», i soldi sono «ciò-che-conta». I personaggi, ad esempio, sono chiamati quasi esclusivamente con dei soprannomi derivanti da loro caratteristiche personali. I loro nomi sono quasi del tutto assenti. Così il protagonista è lo Sprangato Partner, lo scrittore inglese è San Sebastiano ed il Bianco Marinaio, mentre la sua compagna è chiamata Cupa Penelope. Un'altra caratteristica peculiare è la totale assenza dei dialoghi. Non esiste nessun discorso diretto nella narrazione.
Tutto ciò ha determinate conseguenze. Innanzitutto i personaggi risultano sfocati: vengono percepiti come entità caratterizzate da comportamenti specifici, ma non ne vengono date descrizioni fisiche particolareggiate. Un'altra conseguenza è la mancata “compattezza” della trama: il lettore rischia di perdere il filo della narrazione. Le frasi esordiscono con un concetto che trova la sua completezza solo alla fine d'un periodo inframezzato da più d'un inciso. Per fornirne una banale rappresentazione si osservi la seguente frase: «Allora, spenta la caffettiera messa inutilmente in combustione come alla fine – percepiva solo in quel momento – sostanzialmente quasi tutto nel loro matrimonio, si era voltato verso la finestra». Il ritmo di lettura è tortuoso, concettualmente spezzato.
Lo scrittore riesce a cogliere descrizioni sublimi di paesaggi, come il tramonto romano, e di scene indimenticabili per la loro intrinseca particolarità, si veda la sfida dello scrittore inglese nel gioco degli schiaffi o il turbinio di sentimenti del protagonista dopo la “rottura del muro”. Ma ciò che si vuole evidenziare è l'eccessivo utilizzo degli stessi artifici retorici che, in alcuni tratti, inficiano la scorrevolezza della lettura. Tuttavia l'opera si definisce come la testimonianza d'una carica poetica ed espressiva considerevole.